Informatica, Notizie

Corso di informatica di base: a Ottobre si riparte!

Se, come previsto, l’attenuazione della pandemia covid-19 lo consentirà, in Ottobre ripartirà il nostro corso di informatica di base dedicato a chi vuole imparare a usare con facilità pc e cellulare e a chi è penalizzato a causa del “digital divide”. Il programma terrà conto di quanto ci ha insegnato il periodo di lockdown e sarà progettato in funzione delle esigenze dei partecipanti. Particolare attenzione sarà data alle “App” utilizzate nei cellulari che si sono rivelate di grande utilità per poter rimanere in contatto con amici e parenti, fare la spesa e lavorare da casa, e tanto altro ancora Il corso si svolgerà a partire da ottobre dalle 17 alle 19, con 2-3 appuntamenti settimanali e avrà una durata di circa 3 mesi. Si terrà presso la nostra sede di Via Bertoni, 9 a Milano dove abbiamo 12 postazioni con pc disponibili Il corso richiede un’assidua frequenza. I requisiti necessari per accedere sono una buona conoscenza della lingua italiana e la disponibilità di un cellulare adatto alla navigazione in rete. Il primo corso sarà composto seguendo un criterio di omogeneità dei partecipanti. In caso di richieste superiori alla disponibilità dell’aula verrà programmato un altro corso da svolgersi nei mesi successivi Se siete interessati vi chiediamo di: INVIARE UNA MAIL a associazione@associazionefsf.it oppure TELEFONARE alla segreteria: tel. 0262545960 Per capire le esigenze dei partecipanti e impostare il corso al meglio, è possibile compilare questo breve questionario:Clicca qui e rispondi al questionario Vi aspettiamo!

Corso di informatica di base: a Ottobre si riparte! Leggi l'articolo »

Esperienza

Volontariato: 5 motivi per impegnarsi sempre di più

Perché continuare anche quando tutto sembra troppo grande per le nostre forze La sera di primavera era già tiepida e nel tunnel vicino alla stazione gli uomini, arrivati da poco dall’Eritrea, dal Pakistan, dall’Afghanistan, stavano sdraiati sui loro materassi di fortuna senza coprirsi la testa come hanno fatto per tutto l’inverno. Ciascuno dei volontari dell’Unità mobile della nostra associazione parlava con attenzione con una persona diversa; ciascuno di questi “senza fissa dimora” ci raccontava una storia, un bisogno forte, inciso, scavato nella carne. Ci parvero particolarmente disperati, quella sera. Forse per un nostro umore malmesso, tutto il giro nella nostra zona della città ci sembrò colmo di disperazione. Avevamo incontrato, come sempre, ogni genere di storia, accenti milanesi e italiano con inflessione dell’Africa francofona, inglese dell’Asia, italiano con accenti balcanici. Al termine del turno una delle volontarie mi disse: “In sere come queste ho l’impressione che il nostro lavoro sia così piccolo e quasi impotente, ciascuno di loro ha così tanto bisogno, e noi riusciamo a fare così poco”. Sofferenze e ingiustizie: siamo impotenti? Già, questo del “riusciamo a fare così poco” è un pensiero che attraversa le riflessione di molti di noi:  la sofferenza e l’ingiustizia sono così grandi e così complesse, le persone ai margini della vita così tante da farci sentire impotenti, a volte persino irrilevanti. Eppure, tutti noi continuiamo. Cosa ci fa superare il timore che la nostra attività di volontari, fatta di piccoli gesti, sia irrilevante, sia troppo modesta per lasciare il segno, per migliorare la vita delle persone che aiutiamo? Cinque motivi per tenere duro Ci sono almeno cinque motivi, buoni argomenti, per non farsi prendere da questa sensazione che “tutto sia inutile” (potremmo comunque trovarne anche altri da aggiungere alla lista, ma mi limito a cinque). –Il primo riguarda il fatto che siamo tanti. Siamo tanti nella nostra associazione e siamo tanti in città, sono tante le associazioni di volontariato in tutto il paese, e anche nel mondo. Se guardiamo da questa prospettiva, vediamo che i piccoli gesti di ciascuno di noi si sommano ai piccoli gesti di molti altri. È il principio sociale dell’azione molecolare: se in tanti facciamo qualcosa, anche di piccolo, il risultato può essere qualcosa di grande. –Il secondo motivo è che oltre essere tanti siamo d’esempio per altri; per altri volontari o comunque per cittadini che vedendo le nostre attività, offrono denaro, collaborazione, sorrisi. Non ci sentiamo mai soli, la rete della solidarietà si estende. –Il terzo motivo per continuare ad agire a sostegno di chi è in difficoltà, senza temere che sia irrilevante quel che facciamo, è che oltre che tanti, siamo anche organizzati. Vale a dire: siamo una rete diffusa sul territorio, ciascuno ha un compito e le azioni vengono coordinate. Per capire basta osservare la nostra realtà all’interno della quale operiamo: c’è chi presta assistenza medica e dentistica, chi cerca di risolvere le pratiche legali, chi distribuisce i pasti nelle mense, chi raggiunge la sera i più diseredati che non hanno una casa dove ripararsi, chi aiuta nella ricerca di un lavoro, di un alloggio. E di iniziative come le nostre ce ne sono tante, sparse ovunque. –Il quarto motivo è che ogni incontro con una persona che aiutiamo è un riconoscimento della sua umanità, del suo essere una persona con una storia, dei pensieri, dei desideri. Anche solo per qualche minuto la nostra relazione contribuisce a creare un tessuto comune sul quale ci riconosciamo reciprocamente e nel quale la sofferenza può essere alleviata. – Infine ci sono l’etica e la giustizia. Il tessuto di relazione è reso possibile dalla compassione. La com-passione è l’emozione della cura. Come ci ha insegnato la filosofa americana Martha Nussbaum, con la compassione diventiamo consapevoli della immeritata sofferenza di un’altra persona ma siamo consapevoli anche della nostra vulnerabilità. La compassione estende i confini del nostro sé ma sottolinea anche la differenza fra il nostro sé e l’altro. Estende il nostro circolo di interesse oltre le nostre relazioni affettive abituali, e ci rende anche consapevoli che la sofferenza immeritata dell’altro è una questione di ingiustizia. In fondo, ogni gesto di cura di un volontario è anche una richiesta di maggiore giustizia sociale, economica, di diritti. Per esempio, sappiamo che rendere disponibili alloggi, piccoli appartamenti, a prezzi molto bassi, ad affitto garantito dai comuni o dallo Stato permetterebbe a molte persone, che svolgono lavori precari e saltuari e sono costrette a vivere “senza fissa dimora”, di vivere in case con i servizi necessari. Per queste persone sarebbe una totale trasformazione della vita. Ecco, quando ci avviciniamo a una di queste persone sappiamo qual è lo sfondo sociale di ingiustizia. Come lo sappiamo quando parliamo con un giovane migrante che senza il riconoscimento dello status di rifugiato non può accedere a molti dei servizi che pure sono disponibili in città: pensiamo allora alla complessiva questione dell’accoglienza e delle condizioni di illegalità nelle quali queste persone sono costrette. E quando aiutiamo un disabile sappiamo che le barriere architettoniche limitano i suoi diritti a una vita normale e che la rimozione di queste barriere dovrebbe essere oggetto di ogni politica di gestione degli spazi pubblici e privati. Insomma, il volontario è anche un soggetto che contribuisce a guidare la società nella quale vive verso una maggiore giustizia, concreta, qui ed ora. Luigi Gavazzi

Volontariato: 5 motivi per impegnarsi sempre di più Leggi l'articolo »

Esperienza

DAD italiano L2: più che un’ opportunità

“Potremmo provarci, cosa ne pensi?”. Così Stefania (Stefania Gariboldi, Coordinatrice dei corsi di Italiano per stranieri) mi aveva lanciato in febbraio l’idea di superare le difficoltà causate dal Covid, incaricandomi di organizzare degli incontri online con alcuni nostri studenti. Avendo scartato l’ipotesi, per ovvi motivi sia pratici, sia didattici, di un corso di italiano per stranieri finalizzato alla certificazione di livello, che seguisse le indicazioni date dal QCER (Quadro Comune Europeo di Riferimento) come invece facciamo abitualmente, si era pensato a una serie di momenti di confronto sulla lingua stessa. Il livello di conoscenza dell’italiano L2 in ingresso, riconosciuto come A2, e le capacità di muoversi agevolmente su piattaforme e collegamenti online da parte degli studenti, mi hanno permesso di strutturare questi appuntamenti settimanali secondo un programma ben articolato. La linea conduttrice è stata l’analisi di testi letterari corrispondenti al loro livello di lingua italiana, per il valore fondamentale del testo autentico. Ho potuto quindi porre l’attenzione alla lettura critica, al ripasso delle strutture grammaticali estrapolate dal testo stesso, ma anche alla produzione orale e scritta, o ancora, al confronto dialettico di gruppo su argomenti differenti. La risposta da parte degli studenti è stata premiante, anche perché, nonostante l’apparente freddezza del mezzo, siamo riusciti a rinforzare quelle relazioni preesistenti alla chiusura forzata per Covid. Un’esperienza in qualche modo richiesta dal momento storico, ma che apre sicuramente le porte anche a una programmazione futura. Lucilla

DAD italiano L2: più che un’ opportunità Leggi l'articolo »

Esperienza

Sorrisi tra i piatti

A febbraio mi sono trasferita a Milano per un tirocinio di tre mesi. Il secondo giorno che sono arrivata, ho cercato subito un volontariato da poter svolgere in presenza. Sono da sempre attiva nel mondo del volontariato, perché penso che sia un modo bellissimo per passare qualche ora del proprio tempo libero ed imparare a fare cose nuove. Cercavo qualcosa in presenza perché questo è un periodo strano, anomalo, in cui il contatto umano e lo stare con gli altri sono azioni più importanti rispetto ad altri periodi. Speravo che fosse un modo per rendermi utile, aiutare il prossimo e magari trovare degli amici. Fin dal primo incontro con la responsabile ho capito di aver preso la decisione migliore. Il colloquio conoscitivo è andato così bene che ho iniziato subito l’attività presso la mensa di Gratosoglio con forte entusiasmo. Condividevo ogni singola parola che mi aveva detto Andreina e mi ero sentita compresa nel mio ricercare qualcosa che facesse stare meglio me e chi avrei aiutato. In mensa ho avuto modo di offrire un pasto a chi ne aveva bisogno, ho avuto modo di interagire con persone che vivono una vita completamente diversa dalla mia, ma che alla fine hanno le mie stesse esigenze. L’esigenza di guardarsi negli occhi e di essere visti. L’esigenza di una gentilezza gratuita verso il prossimo. L’esigenza di stare insieme. Nel momento in cui passavo il piatto, ho sempre cercato di osservare la persona ricevente, di sorriderle e di farle capire che volevo veramente aiutare. I ringraziamenti, i sorrisi e i saluti arrivati mi hanno riempito il cuore. Con semplici gesti anche loro hanno aiutato me. In più ho conosciuto altri volontari, con i quali ho condiviso l’esperienza e con cui mi sono trovata benissimo. Il volontariato non si fa solo per gli altri, ma si fa anche per sé stessi. Non c’è quasi niente di più bello e gratificante del donare il proprio tempo per una buona causa.” Ringrazio ancora per la possibilità che mi è stata data.  Caterina

Sorrisi tra i piatti Leggi l'articolo »

Letture

La cura, le relazioni e la giustizia

Questa volta voglio occuparmi di una filosofa che ci ha lasciati da qualche settimana, colpita dal Covid, Elena Pulcini (1950-2021). Era docente all’Università di Firenze e fra le molte cose che ci ha insegnato, c’è l’attenzione filosofica per la cura, che da anni caratterizzava il suo impegno intellettuale e di ricerca. Un tema, la cura, che è particolarmente importante per le associazioni di volontariato e che Pulcini ha analizzato e collocato nel quadro ampio dell’etica. Per valorizzare un filone di studi, soprattutto femminile, che ha evidenziato l’insufficienza dell’approccio all’etica fondato solo sulla teoria della giustizia e dei diritti, approccio considerato un po’ astratto e fondato su una considerazione iper-razionale dell’essere umano. Relazioni concrete Le filosofie che hanno valorizzato la cura, pur con molte differenze, si fondano invece sulla necessità di introdurre l’attenzione sulle relazioni concrete, sui contesti nei quali queste relazioni si determinano, sul coinvolgimento affettivo, l’attenzione al caso singolo e la preoccupazione per le conseguenze che la scelta di cura nei confronti di alcune persone può avere sulla rete dei rapporti. Il tutto, basato sull’idea che le persone non sono mai completamente autonome e autosufficienti; che sono, anzi, costitutivamente relazionali, coinvolte in una serie di legami che ne determinano l’agire e le scelte. La vulnerabilità dell’umano Come ha scritto Pulcini nel suo ultimo libro (Tra cura e giustizia. Le passioni come risorsa sociale, Bollati Boringhieri, 2020): “Emergono così con chiarezza quei fondamenti dell’etica della cura che ho proposto di riassumere nel riconoscimento dell’importanza della dimensione emotiva e della vulnerabilità dell’umano”. La cosa migliore da fare è ovviamente leggere direttamente quel che ha scritto Pulcini, i suoi articoli, i suoi libri. In particolare l’ultimo, nel quale unisce e rende complementari le prospettive dell’etica e della giustizia normativa con quelle della cura, e considera in modo filosofico il ruolo delle passioni, mai scontato, in entrambe. La cura buona e “l’altro” È un libro che ci stimola tutti, anche perché induce a pensare con attenzione e creatività alle attività e relazioni di cura nelle quali siamo coinvolti, considerando quali passioni attiviamo nella cura e come queste passioni abbiano conseguenze sulla qualità della cura, sulla “cura buona”. Ma ci stimola anche perché ci spinge a considerare la cura rispetto alle “nuove figure dell’altro”: “l’altro distante nello spazio” (lo straniero, il diverso) e “l’altro distante nel tempo” (le generazioni future). Sono sfide importanti e decisive davanti alle quali Pulcini ci aiuta a riflettere e a decidere come includere nella considerazione della nostra cura sia persone che non conosciamo e che incontriamo (o direttamente o ricevendo notizie dal mondo), sia chi verrà dopo di noi. Il tutto considerando che il concetto di cura che ci propone riguarda anche la nostra responsabilità nei confronti del pianeta. Luigi Gavazzi

La cura, le relazioni e la giustizia Leggi l'articolo »

Segnalazioni

Credito Solidale 2.0

Per far fronte ai bisogni primari delle persone e delle famiglie (sanità, istruzione, casa) Fondazione Welfare Ambrosiano ha attivato l’iniziativa “Credito Solidale 2.0” che consente di accedere a un prestito fino a 10.000 € a costo zero per far fronte alle spese primarie: affitto, spese condominiali, spese sanitarie, rate dell’asilo nido, mensa scolastica dei figli. La restituzione del prestito ha inizio 12 mesi dopo l’erogazione, con rate sostenibili e dilazionabili fino a 5 anni. Per maggiori informazioni su come si presenta la domanda clicca qui: https://www.fwamilano.org/servizi/credito-solidale-sociale/

Credito Solidale 2.0 Leggi l'articolo »

Torna in alto